Chi piazza un amico piazza un tesoro

Per quanto possano essere irritanti fake news e disinformazione, il tipo di disinformazione che sopporto di meno è la disinformazione delle persone “informate”. Quelli che senza aver letto un paragrafo su un argomento, sparacchiano sentenze basate principalmente su un paio di titoli di giornali nazionali che hanno trovato su Facebook.
La disinformazione delle persone disinformate spesso lascia il tempo che trova. I fulminati che credono che gli alieni arrivino a fare cerchi nel grano spesso continuano con la loro vita fatta di code alle poste come se nulla fosse.
Mentre le persone “informate” sono in grado di argomentare per ore basandosi sulle sciocchezze che hanno frainteso. E spesso e volentieri non si accontentano di argomentare a parole, ma lasciano tracce indelebili della loro stupidità su X (Twitter), LinkedIn e gli altri social che appestano. Il tutto con la convinzione di essere tanto meglio delle persone “disinformate”.

Il caso recente che ha acceso la mia ira è la retorica nata attorno alla nomina di Giuliano Amato come presidente della “Commissione Algoritmi” voluta dal governo Meloni. Più precisamente la nomina sarebbe un’idea di Alberto Barachini (Forza Italia) sottosegretario alla Presidenza con delega all’editoria. Non è durata molto, perché il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri avrebbe già ordinato un dietrofront. Forse la cosa veramente curiosa di questa notizia è che un governo completamente di destra abbia sentito la necessità di sistemare un ex socialista ultra-ottantenne in una commissione. Hanno già finito i parenti del Signor Presidente? A turbarmi però è il fatto che gli opinionisti si scaglino in massa in paragoni improbabili con una commissione completamente diversa in Inghilterra. Si tratta della “Frontier AI Taskforce”, parte del Department for Science Innovation and Technology del Regno Unito, presieduta da Ian Hogarth, giovane (meno di quaranta anni) fondatore di almeno tre startup.

Ai fiori all’occhiello del nostro giornalismo sembra sfuggire il fatto che si possa criticare la figura di Giuliano Amato anche senza incensare Ian Hogarth. O meglio, anche senza far finta di conoscere Ian Hogarth. Perché il nostro Ian sembra piuttosto riservato per essere un gran fondatore di startup. Le tre startup che ha fondato sono

Senz’altro traguardi importanti, che mostrano quanto meno l’abilità imprenditoriale di Ian, ma non si tratta esattamente di startup basate sull’intelligenza artificiale. Nel suo blog e in un Tweet parla di una tesi di master a Cambridge con Roberto Cipolla sulla classificazione di immagini radiologiche che tuttavia era troppo precoce e partiva da un campione troppo piccolo. Nel blog menziona anche che “dal 2018, è coautore dell’annuale State of AI Report, il rapporto più ampiamente letto e di libero accesso sul progresso nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale”. Insomma, nessuno sembra aver montato alcuna critica sulla sua nomina, ma non è esattamente l’esempio per eccellenza di chi dovrebbe stare a pieno titolo in una task force sull’intelligenza artificiale.

La commissione inglese, a differenza di quella di Amato, non si pone come obiettivo quello di studiare le possibili applicazioni dell’intelligenza artificiale nel mercato editoriale, ma ha una definizione molto più vaga, “è stata istituita per condurre ricerche sulla sicurezza dell’Intelligenza Artificiale, identificare nuove applicazioni per l’IA nel settore pubblico e potenziare le capacità del Regno Unito.” Una differenza fondamentale tra le due commissioni, probabilmente, è anche il costo, dal momento che in Italia si stima che le commissioni parlamentari non costino più di cento mila euro, mentre il presunto equivalente inglese ha un budget di cento milioni di sterline.

Ma di dettagli come la differenza tra le commissioni se ne sono accorti anche al Fatto Quotidiano. Il punto, è che se andiamo a vedere tra i membri della commissione Inglese, qualcuno che c’è stato “piazzato” lo si trova eccome. Prendiamo Helen Stokes-Lampard (Mazzanti Vien dal Mare), la giustificazione per cui è nella commissione è “Helen non è solo un medico di base che osserva come gli strumenti di intelligenza artificiale conversazionale possano influenzare le diagnosi mediche quotidiane, ma è anche un leader estremamente esperto nella comunità medica del Regno Unito.” E non volevamo lasciarla senza uno stipendio pagato dai contribuenti, vero? Nella sua pagina della University of Birmingham troviamo ben 7 articoli pubblicati in giornali accademici dal 2007 con titoli come “‘Feeling hot, hot, hot’:  is there a role for exercise in the management of vasomotor and other menopausal symptoms?” Esattamente il tipo di ricerca che serve in una commissione sull’intelligenza artificiale!

  1. Nel suo blog parla di 130 milioni di dollari. ↩︎

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